La deglutizione
è un atto fisiologico articolato che consente la progressione del bolo
alimentare (la prima tappa del processo
digestivo, formato da cibo triturato, sminuzzato e impastato con saliva) dalla
cavità orale allo stomaco. È una funzione molto complessa che necessita di
coordinazione nella muscolatura orofaringea, laringea ed esofagea.
In generale, la deglutizione può essere divisa in: una fase
volontaria, che inizia il processo stesso; una fase faringea, involontaria, ed
è costituita dal passaggio del cibo attraverso la faringe verso l'esofago; e
una fase esofagea, anch'essa involontaria, nella quale il cibo transita
nell'esofago per essere trasportato nello stomaco.
L’alterata
deglutizione è un problema particolarmente rilevante e comune, da un punto di
vista clinico, in quanto sintomo di numerose patologie, soprattutto di tipo vascolare (come ictus, vasculopatia
celebrale nell’anziano) e neurologiche
(come la malattia di Parkinson, SLA, sclerosi multipla) e neoplasie del collo (dell’esofago o della trachea).
Tale
patologia viene chiamata disfagia,
termine che proviene dal greco e significa appunto “difficoltà a deglutire”.
La disfagia è un sintomo molto grave se
si tiene conto anche della speranza e qualità di vita del paziente oltre che,
ma non meno importanti, degli impatti nutrizionali che causa. (1)
La
disfagia può complire indistintamente ognuna delle fasi della deglutizione ma,
sostanzialmente possiamo distinguerla in due diversi tipi:
- disfagia orofaringea,
- disfagia
esofagea. (2)
La
disfagia orofaringea è
caratterizzata dalla difficoltà nel trasferimento sicuro di un bolo alimentare
liquido o solido dalla bocca all'esofago, spesso si verifica in pazienti che
hanno avuto un danno neurologico acuto a seguito di ictus o di trauma cranico,
o in quelli con malattia neurologica progressiva come la sclerosi laterale
amiotrofica o morbo di Parkinson.(2) Uno studio molto recente ha scoperto
che la metà dei pazienti con ictus acuto soffre di disfagia(3).
La
disfagia esofagea è, invece,
caratterizzata da difficoltà nel passaggio degli alimenti lungo l'esofago. È
comune nei pazienti con un disturbo della motilità esofagea, oppure con
anomalie dello sfintere esofageo
(superiore e/o inferiore).(2)